mercoledì 2 febbraio 2011

QUANDO LA BANCA…è ROTTA del 25 marzo 2007

Il crack Parmalat e il caso “bancopoli” sconvolgono l’economia italiana
Callisto Tanzi e i “furbetti del quartierino”: la mala-economia, tra Grillo e Fazio Dopo 11 anni da Tangentopoli, il mondo dell’economia italiana è stato di nuovo travolto dagli scandali, prima con il crack Parmalat e poi con il caso Bancopoli. Nel dicembre del 2003 la finanza milanese ha arrestato Callisto Tanzi, patron della multinazionale Parmalat, per bancarotta fraudolenta, falso in bilancio e associazione a delinquere.
La sua azienda aveva un buco finanziario di 14,5 miliardi di euro e falsificava i conti già dal 1988, come confermato da Fausto Tonna, ex direttore finanziario del gruppo, che spiegò i meccanismi della truffa a Francesco Greco, sostituto procuratore di Milano. Il gruppo Parmalat avrebbe creato una serie di società off-shore, che facevano capo alla Bonlat, una società fantasma con sede alle isole Cayman, e i documenti contabili falsificati erano certificati dalla società di revisione, Grant Thorton.
Banche famose come le straniere Deutsche Bank, City Group e Bank of America o le italiane Capitalia, San Paolo, Bnl e Monte dei Paschi di Siena, ma non solo, erano colpevoli di aver emesso bond Parmalat riversandoli nelle tasche di 300 mila risparmiatori, sia piccoli azionisti sia obbligazionisti, che ancora oggi attendono un risarcimento.
In tutta questa vicenda risulta strano il fatto che il primo ad anticipare il crack Parmalat non sia stato un giornalista, bensì un comico, Beppe Grillo che all’epoca dello scandalo fu anche interrogato come persona informata sui fatti. «Al magistrato ho ripetuto quello che da tempo vado dicendo nei miei spettacoli. Cose che dico da anni e che erano cose sulla bocca di tutti», affermò il comico genovese, che poi sentenziò:«Quella di Parmalat è una debacle a norma di legge, visto che ormai il falso in bilancio è legalizzato».
Nel 2002, infatti, il governo aveva approvato una legge che depenalizzava il reato di falso in bilancio che diveniva un semplice illecito amministrativo soggetto a sanzione pecuniaria ed il carcere era previsto solo se si era commesso un reale danno ai soci o ai creditori.
Con la legge sul risparmio del 2005, invece, si prevede il carcere fino a due anni ed il falso in bilancio è reato solo se riguarda un numero di risparmiatori superiori allo 0,1 per mille della popolazione. Quest’ultima legge è stata emanata a seguito dello scandalo finanziario, denominato “bancopoli”, scoppiato nell’estate del 2004, che coinvolse importanti banche italiane e l’allora Presidente di Bankitalia, Antonio Fazio.
Fazio ha favorito Giuseppe Fiorani, amministratore delegato della Banca Popolare Italiana, ex Banca Popolare di Lodi, nella “scalata” alla Banca Popolare Antonveneta e alla Banca Nazionale del Lavoro a danno della banca olandese ABN Amro.
Fiorani ha ammesso di aver raggiunto il 52% della Banca Antonveneta grazie alle autorizzazioni concesse dal presidente di Bankitalia e ha rivelato che l’operazione fu finanziata prelevando denaro attraverso illeciti aumenti delle commissioni bancarie e attraverso sottrazioni illegali di soldi da conti correnti di persone defunte.
All’operazione partecipò il cosiddetto gruppo dei “furbetti del quartierino”, un gruppo di immobiliaristi romani, di cui facevano parte Stefano Ricucci e Danilo Coppola, i quali devono la fonte delle loro fortuna ad irregolarità ed illeciti. Entrambi sono stati arrestati con l’accusa di aggiotaggio e bancarotta fraudolenta.
Fazio, invece, è stato costretto a dimettersi quando si è scoperto che aveva favorito illegalmente anche l’Unipol di Giovanni Consorte nell’acquisto della Banca Nazionale del Lavoro, a danno della banca spagnola Banco di Bilbao, sempre con la falsa scusa di voler difendere l’italianità delle nostre banche.

 
Tratto da superkeko1982.blogspot.com

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