Roma, 5 gen (Il Velino) - Parisi, vendoliani e veltroniani si ritrovano insieme in difesa delle primarie. Secondo quando rivelato dal Corriere della Sera, infatti, i bersaniani stanno lavorando su come riformare le primarie (ideate e fortemente sostenute dai veltroniani) con l’introduzione di norme che evitino ulteriori vittorie dei candidati vendoliani. Il primo paletto che la maggioranza del partito vorrebbe porre è la presentazione di un candidato unico del Pd in caso di primarie di coalizione. Il secondo paletto è l’introduzione di un meccanismo che permetta agli iscritti di scegliere, caso per caso, se indire o meno le primarie e quindi allargare la partecipazione al voto anche ai semplici elettori. Un’eventuale decisione in merito spetterebbe comunque all’assemblea nazionale dei delegati. Secondo Arturo Parisi, intervistato da Repubblica,“abbandonare le primarie significa riconoscere il fallimento del Partito democratico”. “Quelle che fanno male al Pd – spiega l’ex ministro - sono le primarie finte. O le primarie sono vere, cioè aperte e trasparenti, o illudersi di poter continuare con primarie finte, pensate come un plebiscito attorno al candidato che il gruppo dirigente del partito ha predestinato alla vittoria, fa male a noi e fa male alla democrazia. È per questo che le primarie restano un punto di riferimento”. Ancora più critico verso la riforma bersanianaè l’editoriale di oggi del quotidiano Europa. Il problema, secondo quanto scrive Europa, risiede nel fatto che, al momento, c’è la necessità all’interno del Pd di eliminare le uniche primarie utili, ossia quelle per l’individuazione del candidato premier.
“Il Pd è un partito in ritirata (strategica, si dice) che ha riabilitato la politica delle alleanze - si legge nell’articolo - e che deve concedere agli alleati molto senza però correre il rischio di farsi smentire dai propri elettori, come avverrebbe non solo con Casini leader ma con chiunque non incarnasse una certa idea pura dell’essere di sinistra e contro Berlusconi”. “Tutte le obiezioni – attacca il quotidiano degli ex popolari - che si avanzano contro questo strumento non esistevano o non avevano spazio nelle fasi di espansione del centrosinistra (con Prodi nel 2005, le uniche primarie per un premier) o del Pd (con Veltroni nel 2007)”. Il problema di fondo risiede nel rapporto tra la classe dirigente del partito e la sua base: “la diffidenza che nel Pd si nutre verso lo strumento nasce dall’esigenza di difendersi dal proprio elettorato, nella consapevolezza di non essere in grado di spiegargli né di fargli accettare (se non forse nel momento estremo del duello con Berlusconi) le scelte che si ritengono giuste”. Tesi quest’ultima abbracciata anche dal vendoliano Gennaro Migliore, secondo il quale “il Pd non ha paura delle primarie ma del suo elettorato visto che la maggioranza di chi vota Pd aspetta il governatore pugliese. Vendola è in vantaggio perché gli elettori del Pd lo aspettano - conclude Migliore -. Quindi il Pd non ha paura delle primarie ma del suo elettorato".
(spk) 5 gen 2011 13:06
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