mercoledì 2 febbraio 2011

Libri / "Qualcuno era comunista" e...oggi non sa più chi è

Roma, 3 lug (Velino) - “Questo libro è frutto di una piccola ossessione personale. Nel 1989 mi trovai dentro questo terremoto un po’ come spettatore un po’ come parte in causa. Ero uno di quel milione e 470 mila comunisti italiani che il 10 novembre sono andati a dormire che facevano parte di un’organizzazione planetaria e si sono svegliati il giorno dopo come il protagonista di quella meravigliosa gag di 'Avanzi' che si sveglia dal coma e scopre che il comunismo non esiste più”. Con queste parole mercoledì sera, alla Galleria Alberto Sordi, Luca Telese ha iniziato la presentazione del suo ultimo libro Qualcuno era comunista , titolo ripreso da un monologo di Giorgio Gaber del 1991. Il libro descrive la vicenda del passaggio dal Pci al Pds, dopo la caduta del muro Berlino. Caduta che secondo Telese è stata causata dalla domanda di Riccardo Ehrman, un giornalista italiano corrispondente dell’Ansa da Berlino Est. La mattina del 9 novembre 1989, infatti, Ehrman aveva ricevuto una telefonata da una sua fonte, "il sottomarino", che gli suggeriva una domanda da porre alla conferenza stampa del portavoce del governo della Repubblica federale tedesca. Ehrman chiese: “Ci saranno per caso delle variazioni di regolamento nelle possibilità di accesso e ingresso tra Est e Ovest?, ossia si potrà passare al di là del muro?”. A questa domanda il portavoce rispose che tecnicamente ciò sarebbe stato possibile anche da subito. Tre ore dopo sul muro i ragazzi coi picconi furono subito pronti ad abbattere il muro e con esso tutta un’epoca di divisioni tra Est e Ovest.

Achille Occhetto, all’epoca segretario del Pci, dopo un primo momento di incertezza, decise di partecipare alla commemorazione, che cadeva in quei giorni, della “bolognina”, la battaglia partigiana di ragazzi di 16 e 17 anni che si buttarono a mani nude contro i carrarmati nazisti e riuscirono a fermarli. "La 'svolta della bolognina' è stata in contumacia, malgrado i giornali e contro i giornali. Occhetto – ha spiegato Telese - fa un discorso che non tutti capiscono: così come Gorbaciov è andato dai partigiani che avevano combattuto contro i nazisti e ha detto loro che bisognava cambiare tutto per rimanere se stessi così io vengo da voi e vi dico bisogna inventare vie nuove. Ma nessuno capisce nulla”. Il giorno dopo la prima pagina dell’Unità intitolava a sei colonne “Il giorno di Modrov. La Repubblica democratica tedesca elegge un nuovo premier”. Solo in basso si trova il titolo: “Occhetto ai veterani della Resistenza: dobbiamo inventare strade nuove”, ma è nell’occhiello che c’è la cosa più importante: “A chi chiede se il Pci cambierà nome, risponde: Tutto è possibile”. Il giorno dopo via delle Botteghe Oscure, la sede storica del Pci, fu assediata da molti compagni increduli che provenivano da tutta Italia. Secondo Telese “la discussione più vera venne fatta nelle sezioni, ma non fu fatta dal vertice. Il ‘cambiare tutto’ di Occhetto non si sapeva bene cosa volesse dire e, per un anno, infatti, si parlò solo della ‘cosa’ perché ormai il termine partito e le sezioni erano ormai obsolete”.

Dentro il grande mare magnum del Pci del 1989 si svolgeva la lotta tra la sinistra del partito di Ingrao e i "miglioristi" di Napolitano, la destra del partito, ma soprattutto tra i giovani (D’Alema, Veltroni, Fassino, Bassolino) e i vecchi del partito, ossia proprio Ingrao e Napolitano. L’autore di Cuori Neri ha raccontato che “quando muore Berlinguer c’è il patto del garage tra D’Alema e Occhetto che sancisce la candidatura di quest’ultimo a segretario. In realtà poi fu eletto Natta. D’Alema-Occhetto l’uno contro l’altro. Occhetto è il leader che fa la svolta e D’Alema è colui che ne vuole raccogliere i frutti. Questa drammaturgia dura due anni e ciò che accadde nel 1989 si sta ripetendo oggi. Le persone che discutono con Occhetto quando disse: 'O saremo unanimi o mi dimetto' sono le stesse che sono ai vertici del Pd oggi: Livia Turco, Walter Veltroni, Antonio Bassolino. e Massimo D’Alema. Velardi mi racconta che il partito nasce con l’impallinamento del segretario. Il mancato quorum di Occhetto a Rimini. D’Alema sta facendo oggi a Veltroni e Franceschini quello che ha fatto 20 anni prima a Occhetto”. A differenza di Giuliano Ferrara che preferisce definirsi ex, “loro invece scelgono post, una cosa più soft. Dolcemente come in una terapia di fine vita siamo andati a dormire comunisti il 12 dicembre dell’89 e il 13 ci siamo svegliati che eravamo socialisti europei. Solo che tu lo puoi dire ma non è detto che tutti lo credano. E infatti ogni volta che Berlusconi in questi anni ha detto comunisti, loro si sono guardati e hanno detto: ma come noi siamo socialisti europei? Si, loro lo pensano, però tutti gli altri italiani dicono comunisti”. Telese ha spiegato che “il senso del libro è questo: nel 1989 si sono messe tra parentesi delle grandi domande sul comunismo, sono state fatte sparire e dopo 20 anni, come una maledizione biblica, quelle domande tornano e tu, che avevi un’identità chiara e definita, non hai più un’identità. Se la sinistra oggi volesse provare a vincere dovrebbe provare ad avere un’identità e quindi rispondere a quelle domande che ha lasciato appese”. Telese ha affermato che “il Pci del 1989 era come una grande famiglia in cui tutti si riconoscevano in una cosa che era l’identità” e ha criticato aspramente sia Veltroni che ha dichiarato di non essere mai stato comunista sia Fassino che quando divenne segretario dei Ds affermò di essersi iscritto al Pci per lottare contro il comunismo.

A una domanda sull’identità degli attuali dirigenti del Pd, che secondo Enrico Letta dovrebbero evitare di riproporre il compromesso storico di Moro e Berlinguer, Telese ha risposto che “neanche loro sanno cosa sono e questa inconsapevolezza è un limite fatale per chi fa politica. Ogni tanto trovo qualche elettore di sinistra che definisce barbari quelli della Lega, ma i leghisti sanno chi sono e questo rende loro facile fare politica. Nell’89 si disse che la forma partito non esisteva più, ma quella forma partito è la stessa formula che oggi usa la Lega e che gli ha permesso di raggiungere il 10 per cento. Nel tempo della politica di plastica i vecchi sistemi come il radicamento nel territorio sono molto importanti”. E infine c’è persino una critica per le giovani del Pd, in primis la Serracchiani, la quale ha detto che per lei “Moro e Berlinguer erano la stessa cosa perché non capivo molto di politica". "Rimango un po’ preoccupato - ha commentato Telese -. Mentre gli altri fanno politica col coltello fra i denti, orgogliosi di farla, anche con idee che io considero sbagliate se non pericolose, ma ti convincono e vogliono convincerti, nel Pd si fa l’elogio dell’inesperienza. Marianna Madia (che poi è stata imbavagliata) alla conferenza stampa di presentazione della propria candidatura alle politiche è arrivata a dire: metto al servizio del Pd la mia inesperienza. Ma come i comunisti erano quelli che studiavano, lavoravano, e invece questa mette in campo la propria inesperienza?”.
 
tratto da www.ilvelino.it

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