La Cina tra crescita economica e sviluppo (in)sostenibile
È la quarta potenza mondiale ma con ben 120 mln di poverissimi La Cina comunista con l’apertura al capitalismo è riuscita in circa vent’anni a diventare la quarta potenza mondiale, superando Paesi come l’Italia, la Francia e la Gran Bretagna che da sempre vivono in un regime di libero mercato. Il PIL cinese negli ultimi anni è cresciuto attorno al 10%, che equivale a 2000 miliardi di euro, e attualmente rappresenta un terzo dell’economia mondiale.
Questo improvviso e repentino sviluppo economico della Cina è merito soprattutto delle riforme attuate da Deng Xiaoping. La Cina da un sistema prevalentemente agricolo, nato per volere di Mao, oggi è ormai passata ad un’economia liberista che le ha permesso di crescere cinque volte più dell’Europa e tre volte più degli Stati Uniti nel decennio 1993-2003. È diventata il primo Paese esportatore di prodotti tecnologici, sebbene non di elevata qualità, ed il primo produttore al mondo di acciaio. Questi numeri, se uniti alle cifre dell’enorme crescita demografica e all’elevata percentuale di laureati ogni anno, danno l’idea di un Paese apparentemente sano ed in continua crescita.
In Italia la Cina fa paura e alcuni settori del centrodestra hanno auspicato l’istituzione di dazi doganali per frenare le contraffazioni cinesi e salvaguardare il made in Italy, mentre negli Stati Uniti sono stati i democratici a vincere le elezioni di mezzo termine puntando su un rinnovato protezionismo economico. È indubbio, soprattutto dopo l’ingresso della Cina nel WTO, l’Organizzazione Mondiale del Commercio, che nessuna nazione può fare i conti senza una Cina che risparmia molto, ma investe anche in buoni del tesoro americani ed attrae la maggior parte degli investimenti esteri.
La Cina si pone quindi come la locomotiva che traina la crescita globale, ma che rischia di deragliare a causa delle sue contraddizioni interne. Infatti, se invece delle dimensioni dell'economia, si considera il reddito pro-capite si nota che tuttora vi sono 120 milioni di poverissimi che guadagnano meno di un dollaro al giorno, a fronte però dei 400 milioni del 1985. Le disparità socio-economiche fra una classe media urbana di circa 200 milioni di persone ed un esercito di lavoratori poveri presenti nelle campagne sono fonte di gravi tensioni sociali.
La proprietà della terra è l’unico bene rimasto collettivo e i contadini subiscono i soprusi dei ras locali corrotti che possono espropriare la loro terra e venderla al miglior offerente. I dati ufficiali del governo di Pechino dichiarano inoltre 28 milioni di disoccupati su una popolazione di un miliardo e mezzo di persone. Il problema è che questi disoccupati non sono aiutati da un valido sistema di Welfare State in quanto il governo preferisce investire nelle spese militari. L’unica soluzione è un sempre maggiore sviluppo industriale che però può accrescere altri problemi già esistenti: carenza di energia, inquinamento, lavoro minorile, morti sul posto di lavoro e scarsa attenzione ai diritti umani.
tratto da superkeko1982.blogspot.com
L'UOMO NERO
Nessun commento:
Posta un commento