Roma, 22 lug (Velino) - Questa mattina nella piccola sezione del Pd di Trastevere, alla presenza di una ristretta cerchia di giornalisti, Renato Nicolini, 67 anni, ex assessore alla cultura al comune di Roma, ha tenuto una conferenza stampa in cui confermava la sua candidatura a segretario del Partito democratico. Una decisione, quella di Nicolini, nata dopo il successo ottenuto alla manifestazione degli artisti contro i tagli al governo tenutasi lunedì a piazza Montecitorio. La candidatura, tuttavia, rischia di non essere accettata per mancanza delle 1500 firme necessarie che devono essere presentate entro domani sera presso la segreteria nazionale del partito. “La scadenza del 23 luglio è a dir poco ridicola – ha spiegato l’ex assessore che pensava di aver tempo sino al 31 – perché si blocca il dibattito prima del congresso. Si impongono i candidati prima della discussione. Questa scadenza rientra nel vecchio modo di fare politica di stile democristiano, mentre la mia candidatura è creativa ed estranea alla cultura di palazzo”. E perciò Nicolini ha aggiunto: “Mi comporterò da candidato a prescindere dal numero di firme che presenterò”. Insomma, il suo intento non è quello di vincere ma di riporre al centro il tema della cultura, un settore strategico per rilanciare l’immagine dell’Italia nel mondo. "L’obiettivo è portare gli investimenti nella cultura all’1 per cento del Pil. Oggi l’Italia è conosciuta per Berlusconi e per Villa Certosa - punto l'indice Nicolini - , mentre sarebbe meglio rifarsi alla stagione dei sindaci (di Argan a Roma e Valentini a Napoli) dell’Italia della metà degli anni ’70, anni in cui è stata rilanciata la mostra di Venezia e in cui lo stesso Nicolini diede vita all’ Estate romana . Da allora in poi è iniziato il declino dell’Italia ed oggi si è arrivati al taglio del Fus, Fondo unico per lo spettacolo, ma il rischio vero è che scompaia addirittura il ministero dei Beni culturali in quanto mancherebbero persino i soldi necessari per pagare gli stipendi".
“Bersani e Franceschini non capiscono che la cultura non è il tappeto rosso per il leader”, ha continuato il “quasi” candidato che ha criticato anche la proposta della Carlucci e di Barbareschi di istituire un’industria privata per lo spettacolo che gestisca i fondi. La privatizzazione nega la creatività e perciò Nicolini si oppone anche all’attuale riforma universitaria perché essa avrebbe come effetto la privatizzazione delle università. Contro queste politiche del governo, il Partito democratico deve contrapporre non solo la cultura, ma anche la democrazia. “Partito democratico, infatti, - spiega l’ex assessore – è un nome indovinato, ma la democrazia che io ho in mente è quella del ’68, la democrazia diretta. Ciò significa dire no al plebiscitarismo, al maggioritario e al bipartitismo e tornare a parlare alla base, a cui il Pd non crede più”. E aggiunge: “Subito dopo le dimissioni di Veltroni sarebbe stato meglio fare subito un congresso. Si sarebbe evitato il disastroso risultato elettorale delle europee”. Ma la critica all’attuale Pd si fa ancora più forte quando si parla della mancata candidatura di Beppe Grillo: “È stato un errore non accettarla. Questa è la dimostrazione che il Pd non è qualcosa di nuovo, ma solo la fusione di Ds e Margherita, voluta da Fassino e Rutelli, che ora sostengono entrambi Franceschini”.
“Bersani e Franceschini non capiscono che la cultura non è il tappeto rosso per il leader”, ha continuato il “quasi” candidato che ha criticato anche la proposta della Carlucci e di Barbareschi di istituire un’industria privata per lo spettacolo che gestisca i fondi. La privatizzazione nega la creatività e perciò Nicolini si oppone anche all’attuale riforma universitaria perché essa avrebbe come effetto la privatizzazione delle università. Contro queste politiche del governo, il Partito democratico deve contrapporre non solo la cultura, ma anche la democrazia. “Partito democratico, infatti, - spiega l’ex assessore – è un nome indovinato, ma la democrazia che io ho in mente è quella del ’68, la democrazia diretta. Ciò significa dire no al plebiscitarismo, al maggioritario e al bipartitismo e tornare a parlare alla base, a cui il Pd non crede più”. E aggiunge: “Subito dopo le dimissioni di Veltroni sarebbe stato meglio fare subito un congresso. Si sarebbe evitato il disastroso risultato elettorale delle europee”. Ma la critica all’attuale Pd si fa ancora più forte quando si parla della mancata candidatura di Beppe Grillo: “È stato un errore non accettarla. Questa è la dimostrazione che il Pd non è qualcosa di nuovo, ma solo la fusione di Ds e Margherita, voluta da Fassino e Rutelli, che ora sostengono entrambi Franceschini”.
tratto da www.ilvelino.it
L'UOMO NERO
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