mercoledì 2 febbraio 2011

POL - Mal di quorum, la strada sempre più in salita del referendum

Roma, 16 giu (Velino) - Domenica e lunedì gli italiani sono nuovamente chiamati alle urne non solo per il secondo turno delle elezioni amministrative ma anche per tre quesiti referendari di riforma della legge elettorale. Dei 59 referendum abrogativi sinora indetti quattro riguardavano i sistemi elettorali e di questi solo due hanno raggiunto il quorum. Erano i primi anni ’90 e il sistema di governo fondato sul pentapartito era entrato in crisi, crisi culminata con l’arresto di Mario Chiesa e l’avvio dell’inchiesta di Tangentopoli. Il vento dell’antipolitica, o meglio dell’antipartitocrazia, fu all’epoca cavalcato dal democristiano Mario Segni, figlio dell’ex presidente della Repubblica Antonio Segni, e diede il via al sistema bipolare inaugurato con le politiche del ’94.
Dall’87 per cento di votanti avuto nel 1974 in occasione del primo referendum (quello sul divorzio) si è passati al 58 per cento del 1995, anno in cui Silvio Berlusconi si espose in prima persona in occasione del referendum che proponeva alcune modifiche del sistema radiotelevisivo italiano. Dal 1997 ad oggi, invece, ben 21 quesiti referendari non hanno superato il quorum del 50 per cento di votanti necessario a rendere valida l’abrogazione di una determinata norma emanata dal Parlamento. La media dei partecipanti al voto è stata mediamente del 30 per cento sino a scendere al 25 per cento nel 2004, quando si è votato sulla procreazione assistita. In quest’ultimo caso l’astensione fu sostenuta persino dalla Cei e dalla Chiesa come strumento per non far passare il quesito. L’unico anno in cui si è sfiorato il 50 per cento è stato il 1999, quando Mario Segni, insieme a Gianfranco Fini, indisse un referendum per l’abolizione della quota proporzionale del 25 per cento previsto alla Camera dal cosiddetto Mattarellum. In quella occasione il leader di Alleanza nazionale, da sempre favorevole alla creazione di un sistema bipolare e bipartitico, imputò il mancato raggiungimento del quorum a Silvio Berlusconi, che si era spostato verso una linea più proporzionalista.
È del 2005, infatti, l’attuale legge elettorale, chiamata “porcellum” dal suo stesso relatore, il ministro Roberto Calderoli, che oggi si vuole modificare. Tale legge prevede un sistema proporzionale puro ma con differenti premi di maggioranza alla Camera e al Senato per la coalizione vincente. Se passassero i referendum voluti da Segni e Guzzetta, il premio di maggioranza spetterebbe alla singola lista più votata anziché alla coalizione. Allo stato attuale, tenendo conto anche del forte astensionismo del primo turno di queste elezioni estive, appare molto probabile che anche stavolta non venga raggiunto il quorum. I tecnicismi tipici dei referendum elettorali appassionano davvero poco gli elettori che, fagocitati anche dalla maggior parte dei partiti, andranno al mare oppure, come ordinato dalla Lega, voteranno solo per i ballottaggi. Senza l’intervento diretto del Pdl, il primo partito in Italia e quindi senza l’intervento, diretto o indiretto, del premier qualsiasi quesito referendario è destinato a fallire.
(spk) 16 giu 2009 20:25

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