Roma, 24 mar (Il Velino) - “Lo scontro tra Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi ha riguardato la natura del Pdl. Un partito non può essere solo l’estensione della capacità d’azione del leader ma deve servire per selezionare il leader stesso in una visione pienamente competitiva”. È la tesi enunciata dal politologo Alessandro Campi, in occasione della presentazione del libro “Addomesticare il principe. Perché i leader contano e come controllarli” di Sergio Fabbrini, a partire dagli ultimi mesi del travagliato rapporto tra il presidente della Camera e il premier. “La tendenza alla leadership è irreversibile e per addomesticare il principe sono importanti quattro fattori: il ruolo dei partiti e quello dell’informazione, le norme costituzionali e la separazione tra leader ed elites politiche”, ha spiegato Campi nel corso della prima iniziativa dell’Istituto di politica che sarà presentato ufficialmente nei prossimi mesi. Secondo Campi “serve un pluralismo sociale in cui le elites economiche non siano né succubi né complici del mondo politico. Dovrebbero e potrebbero, invece, essere di contrappeso al potere politico”. “La tele democrazia, invece – ha concluso il politologo -, premia il leader che asseconda il pubblico e così la politica si pauperizza. In Italia è ancora più povera che in Francia o altrove perché viene mangiata dalle regole dello spettacolo. In questo la sana contrapposizione amico/nemico schmittiana viene meno e il dibattito diventa solo il proseguo del teatrino della politica”.
Il costituzionalista Giovanni Guzzetta, entrando nel merito del libro, ha raccontato la sua recente esperienza: “Nei giorni scorsi, durante un dibattito televisivo a cui ho partecipato, un leader dell’opposizione ha affermato che nei sistemi parlamentari è il Parlamento che si contrappone al governo. Io credo invece che sia giusta l’interpretazione che dà Fabbrini: nelle democrazie parlamentari deve essere l’opposizione e non il Parlamento a contrapporsi al governo”. “In Italia, invece, la magistratura è stata investita di un’innata virtù quasi sacerdotale. I media e la magistratura hanno assunto ruoli a volte virtuosi e a volte viziosi. Ciò – ha spiegato Guzzetta - ha prodotto come conseguenze la rimozione della selezione della leadership da parte di un’opposizione sempre più debole e disarticolata e un’ipertrofia della leadership extraistituzionale di Silvio Berlusconi che è stata vista come la soluzione del problema e non un problema in sé. Infine – ha concluso il costituzionalista - esiste una delegittimazione della Costituzione non più capace di regolare i processi e una retorica feticista che impedisce di riformarla”.
(spk) 24 mar 2011 17:32
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